Si festeggia, alla fine di agosto, la ricorrenza della bolla papale di 730 anni fa

di AMAR

Alla fine d’ogni mese d’agosto, a L’Aquila, poco oltre il confine con l’Umbria, viene celebrata la Perdonanza celestiniana. Si tratta di un evento popolare di carattere storico – religioso istituito con la bolla papale da Celestino V nel 1294, quindi 730 anni fa, durante il suo breve pontificato. Sta scritto che quanti entreranno nella Basilica aquilana di Santa Maria di Collemaggio, dai vespri del 28 a quelli del 29 agosto, con l’animo veramente pentito, otterranno la remissione dei peccati e l’assoluzione dalla pena. Un provvedimento quanto meno originale nel tempo delle indulgenze a pagamento. Altro carattere importante è l’essere la Perdonanza precedente, seppure di poco, al primo Giubileo della Chiesa cattolica, promosso da Bonifacio VIII (1300).

Celestino V è stato uno dei Pontefici più “corti” della vicenda pontificia. Ben conosciuto dagli umbri e dagli abruzzesi perché a Perugia fu eletto Papa e a L’Aquila incoronato. A Perugia, era morto Papa Niccolò IV (4 aprile 1292) e il Sacro Collegio si riunì proprio a Perugia per eleggere il successore. Trascorsero un paio d’anni e della nomina del nuovo Pontefice non s’era venuti a capo. Le diverse sollecitazioni costrinsero i Reverendi Padri (erano 11) a trovare una soluzione. Pensarono al monaco (Pietro Angeleri) che faceva l’eremita in Sant’Onofrio al Morrone dalle parti di Sulmona.

Era un religioso molto apprezzato, ma non adatto a reggere il peso della Cattedra. Infatti, eletto il 5 luglio 1294, “scese dalla Croce” nel dicembre dello stesso anno. Il Papa successivo (Bonifacio VIII, al secolo Benedetto Caetani) non lo trattò bene. Lo fece rinchiudere nella Rocca di Fumone in Campania, di proprietà della propria famiglia dove Celestino morì un paio di anni dopo.

Ancor meno generoso con lui fu Dante Alighieri che ne collocò l’anima, all’Inferno, nel girone degli ignavi (coloro che “vissero senza infamia e senza lode”) in quanto – sostenne l’Alighieri – “fece per viltade il gran rifiuto”. La Chiesa invece lo ha canonizzato nel 1313, fissando la festa liturgica in calendario il 19 maggio. Nel 1967, Paolo VI ha confermato la validità religiosa della bolla del perdono che, nel 2019, è stata inserita nel patrimonio culturale immateriale dell’UNESCO.

Malgrado la brevità della permanenza sul Trono di Pietro, Celestino ebbe modo di attuare alcune riforme; però la sua memoria, in Abruzzo, è saldamente ancorata alla “Perdonanza”. La pergamena originale è conservata nel Palazzo civico de L’Aquila e viene portata in processione nella Basilica di S. Maria di Collemaggio. Per molti secoli le celebrazioni si sono limitate al rito religioso. Pare sia stata riscoperta come festa della tradizione, a metà del XX secolo, da Gabriele D’Annunzio e quindi è diventata la Settimana della Perdonanza, integrata della parte di spettacolo per la partecipazione di alcuni artisti famosi. Il prossimo appuntamento dunque è dal 26 al 31 agosto per ripetere solennemente la celebrazione ormai assurta ad evento nazionale. Si aprirà con la “Staffetta del fuoco del Morrone”. Ripercorre il tracciato del Magnifico corteo che, nel 1294, accompagnò l’eligendo Papa Celestino da Sulmona a L’Aquila.


Pensiero sconnesso

La domanda è: Quale fine è destinato a fare il partito figlio di Silvio Berlusconi (Forza Italia) da lui fondato e gestito, con regole aziendali, dal 1994 in avanti e oggi nelle mani tremule di Antonio Tajani? Forza Italia ha primeggiato populisticamente ed elettoralmente durante un’era non certo gloriosa per l’Italia ed al presente si ritrova a fare da comprimaria in una triade – con Fratelli d’Italia e la Lega – impegnati a gestire i bordi della destra più o meno estrema. Si ritrova su posizioni europeiste, a fianco di alleati di stampo chiaramente antieuropeo, che strizzano l’occhio a Putin a Trump. E’ corresponsabile nella gestione di un Governo democratico (quello italiano) guidato da una capa corta dal piglio autoritario e sovranista, estranea alla storia nazionale, costruita sulle lotte della Resistenza al fascismo ed alla dittatura.

I “soci” sono in tre, ma l’unità di credo politico non è il loto pezzo forte. Di recente, sono andati a votare in Europa, Tajani ha detto al rinnovo del mandato a Ursula von der Leyen, Meloni e Salvini no. Sono tornati in Italia, Tajani – per risolvere lo spinoso problema della cittadinanza agli stranieri – ha sostenuto l’idea dello ius scholae, i suoi due “compari” no. Senza parlare del subcomandante della Lega Vannacci che si è detto subito “assolutamente contrario”.

Si ha l’impressione che Forza Italia costituisca il lato minore di un triangolo scaleno proprio per le posizioni differenziate su problemi importanti; triangolo geometricamente configuratosi con l’obiettivo di gestire il potere nel Paese. Peraltro incapace di realizzare quelle riforme necessarie e pretese dalle Istituzioni europee (che ci hanno dato i quattrini per farle) dalle quali Istituzioni l’Italia rischia di rimanere ai margini.

A premere sulla dirigenza di Forza Italia, per sollecitare uno scatto di coerenza ideale, sono gli azionisti esterni, i quali, con quel centinaio di milioni che sostiene i conti traballanti della cassa del partito azzurro, reclamano la giusta “voce in capitolo”, anche per diritto all’eredità politica del Cavaliere. E’ quindi palese l’esigenza di una scelta diversa e coraggiosa che tolga Forza Italia dallo schiaccianoci nel quale rischia di perdere alcuni dei connotati essenziali, insieme al residuo consenso popolare. Attento Antonio, ln Silvione nazionale ti guarda da dove tutto si vede!

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