Si fregiarono del titolo Girardengo, Coppi e Merckx. Ora anche Pogacar?
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di AMAR
Lo svolgimento e la conclusione del “corrente” Giro d’Italia, mi hanno posto un interrogativo, forse prematuro, ma probabilmente profetico: Quel Tadej Pogacar (sloveno – 26 anni) che ha mostrato di saper prevalere in pianura, in montagna, a cronometro, di avere coraggio in discesa, è da considerare il quarto Campionissimo nella storia delle biciclette da corsa? L’appellativo onorevole venne usato soltanto tre volte in passato (Alfredo Binda fu soprannominato l’imbattibile). Per esempio, ad esaltare le gesta del ciclista ch’era partito il 17 maggio 1940 da Milano, anche lui al Giro d’Italia, quasi ignoto, e giunse al Vigorelli, il 9 giugno, in maglia rosa, sorprendente vincitore.
Aveva soltanto qualche mese in più dei vent’anni. Al velodromo lombardo, era nato, quel giorno, il secondo Campionissimo: si chiamava Fausto Coppi, l’Airone, morto di malaria il 2 gennaio 1960. Con lo stesso appellativo, ce ne sono stati altri due, uno prima di Coppi, Costante Girardengo e uno dopo, Eddy Merckx. Hanno vinto più loro tre che tutti gli altri corridori messi insieme.
La RAI TV, tempo addietro, ha ripescato un filmato prezioso ed originale, mezzo in bianco e nero, mezzo a colori, con straordinarie immagini del Giro d’Italia 1940. Un documento che è anche l’inizio della vicenda sportiva scritta da Fausto Coppi. Vicenda che racconta di tanti successi: 5 Giri d’Italia, 2 Giri di Francia, un Campionato del mondo su strada e uno nell’ inseguimento su pista, il record dell’ora e poi Milano – Sanremo, Giro di Lombardia, dell’Emilia, della Toscana e l’elenco non finisce qui. Ebbe un amore fuori dal matrimonio e le schiere perbeniste lo misero alla gogna.
Nelle inedite immagini televisive, ho rivisto pure il campione umbro, nato a Gualdo Tadino, vissuto a Rieti, Adolfo Leoni, che prese parte a 9 Giri d’Italia, vincendo 17 tappe tappe e indossò anche la maglia rosa. A marcare la presenza del regime, nel 1940, una squadra del Comando generale della Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale (MVSN). Il Giro fece tappa a Terni, con arrivo nel Velodromo di Viale Brin, dove vinse Olimpio Bizzi.
La Legnano, marchio famoso, presentò alla partenza due atleti: uno conosciuto, Gino Bartali – aveva conquistato nel ’38 il Tour de France e secondo al Giro del ’39 – e l’altro esordiente Fausto Coppi, appunto. Per la Legnano un trionfo: Fausto vinse la corsa e Gino il G. P. della Montagna. Peccato la guerra che fece loro perdere anni di carriera e di vittorie. Bartali ne approfittò per entrare nel “Giardino dei giusti”: durante l’occupazione nazista, fingeva di allenarsi, portando, a rischio della vita, da Assisi a Firenze, documenti falsi che salvarono molti ebrei dall’Olocausto.
Notazione curiosa, riferita al Giro 1938: il fascio “ordinò” a Bartali di non prendervi parte e di vincere il Tour. Ormai lo sport italiano correva al ritmo di “giovinezza, giovinezza, primavera di bellezza” ed era proprio il caso che i ventiquattrenni come Gino cominciassero a far largo agli “avanguardisti”. Il giovanilismo rappresentava quasi la fede dell’Italia futura.
Un titano in bicicletta, Coppi, il quale, a piedi, non aveva un fisico da modello: le gambe lunghe, il torace ossuto a “petto di pollo”, contenente però sette litri d’aria, dote importante per un atleta. La svolta che cambiò le carte in tavola si ebbe verso la metà del Giro ‘40, nella tappa Firenze – Modena. Toccava scalare l’Abetone, montagna difficile per le strade e il ciclismo d’allora. Difficile non per Coppi che ci costruì la sua prima impresa. Il famoso giornalista Orio Vergani scrisse: “Fu allora, sotto la pioggia che scendeva giù mescolata alla grandine, vidi venire al mondo Fausto Coppi (…) volava su per le dure scale del monte nel silenzio della folla che non sapeva chi fosse e come chiamarlo.”
La dimostrazione del campione c’era stata qualche tappa prima sulle vette mitiche delle Dolomiti, quando lui e Bartali scalarono in fuga, uno dopo l’altro, il Falzarego, il Pordoi e il Sella. E ci sarà anni dopo, tanta gloria per Coppi, nella famosa Cuneo – Pinerolo (10 giugno) del Giro ‘49: 254 km con 5 colli da scavalcare: Maddalena, Vars, Izoard, Monginevro e Sestriere. Poco asfalto, molto sterrato e clima quasi invernale. Fausto partì all’inizio e li scalò da solo, giungendo al traguardo 12 minuti prima di Bartali. E lungo le rampe, il cronista RAI Mario Ferretti a ripetere: “Un uomo solo è al comando, veste la maglia bianco celeste, il suo nome è Fausto Coppi”.
A proposito di frasi celebri legate alla carriera di Coppi, un’altra ce n’è. Siamo alla Milano – Sanremo del 1946. Il Campionissimo ne aveva fatta una delle sue: fuga di 150 km e vittoria. Ad un certo punto, l’altro famoso cronista RAI Nicolò Carosio disse al microfono: “Primo Fausto Coppi. In attesa degli altri concorrenti, trasmettiamo musica da ballo.” Perché, “in attesa degli altri concorrenti” ci fu da aspettare quasi un quarto d’ora.
Come si fa a non chiamarlo Campionissimo per quel che ha vinto Costante Girardengo? Quando da poco era iniziato il XX secolo e si correva a sudore e polvere, partendo di mattino alla buon’ora. Come si fa a non usare siffatto appellativo per Girardengo che ha vinto in carriera 107 corse, tra le quali 2 Giri d’Italia, 9 maglie tricolori, 6 Milano – Sanremo. Oppure hai nome Eddy Merckx e mentre corri ti danno il soprannome di “cannibale”; ed a fine carriera sei diventato, nell’albo d’oro, Mister 525 (corse vinte). Con dentro 5 Giri d’Italia, 5 Tour de France, 3 Campionati del mondo, 19 “classiche monumento”.
Quel 9 di giugno del 1940, a Milano e negli ambienti sportivi italiani, in conclusione della “corsa rosa”, si fece festa grande. L’ultima. Perché, il giorno dopo, un uomo accigliato, un po’ tracotante d’aspetto, si affacciò al balcone. Sotto stava la solita moltitudine oscena, inframezzata da una selva di uniformi orgogliosamente esibite. E il frenetico sventolio dei gagliardetti. L’uomo nero proclamò: “Italiani ascoltate! Un’ora segnata dal destino batte nel cielo della nostra Patria”. Furono sospese gran parte delle attività sportive agonistiche, compreso il ciclismo. Entrammo in una guerra disastrosa che cancellò la meglio gioventù.
Se Tadej Pogacar vincerà il prossimo Tour de France come ha dominato il Giro 2024 (di Tour ne ha già conquistati 2 ed anche 3 Lombardia, 2 Tirreno – Adriatico, un Fiandre, una Parigi – Nizza, una Freccia Vallona ecc. ecc.) sarà lui il quarto Campionissimo.
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