l nozionismo, il terrore dell’esame di maturità, la vecchia insegnante con gli occhialini sul naso

di Adriano Marinensi

Si va verso l’autunno e si torna a scuola. E’ un piacere ritrovare i compagni lasciati all’inizio delle vacanze. Soprattutto le compagne, quando, negli anni delle “superiori”, iniziano a fiorire i primi “idilli”: Parlami d’amore Mariù! Almeno questo accadeva in tempo remoto. Alla mia presente età post anziana, solo il rimpianto.

Quando ancora era studente liceale, mio nipote mi chiese: Com’era la scuola durante il tuo liceo? Un percorso in salita, impegnativo, risposi. La matematica assai complessa e banco di prova allo scientifico, il latino e greco con fatica al classico. Per quelli come me che ritenevano la matematica fosse un’opinione, è stato arduo competere contro i logaritmi, le equazioni, il pi greco, le incognite. Anche perché, giunto che fui in età da lavoro, nessun esaminatore, pubblico o privato, mi ha mai chiesto se fossi ferrato in arzigogoli algebrici.

Il nozionismo in prevalenza. Alle medie, le poesie a memoria: Leopardi, Foscolo, Manzoni, Il passero solitario, Dei sepolcri, Il 5 maggio. Di Manzoni anche I promessi sposi, “quel braccio del lago di Como che volge a mezzogiorno”, la conoscenza diretta con Renzo e Lucia, l’Innominato, don Abbondio e i Bravi, fra Cristoforo, don Rodrigo. Rigorosamente a mente le date di tanta storia: la fondazione di Roma (753 a. C.), la scoperta dell’America (1492) e le caravelle di Colombo (la Nina, la Pinta, la Santa Maria), l’inizio della Rivoluzione francese (1789), Marat, Robespierre, il Terrore. Quindi, Napoleone, le sue imprese, il declino dei 100 giorni, l’Elba e Sant’Elena.

La prima scuola media post bellica la aprirono ad Arrone, in Valnerina. Ci si andava con la tranvia Terni – Ferentillo, poi cervelloticamente smantellata per far posto alle automobili. La mia gioventù, senza troppa retorica, si guardava attorno, cercando una democrazia che non aveva conosciuto. Non erano ancora cominciati gli anni ’50 del ‘900 e la radio (ex EIAR) ripreso a diffondere musica allegra al posto dell’altra lugubre, imposta dalla sirena d’allarme che ci aveva fatto ribollire il sangue, durante le lunghe stagioni di guerra.

Più tardi, in quinta liceo, lo sgomento dell’esame di maturità che ti angustiava l’anima. Tutte le materie sub judice. Te lo sentivi addosso fin da mesi prima e mi fece svegliare di soprassalto fino ad una moglie e due figli dopo. I professori a ripetere: Bisogna applicarsi seriamente, c’è l’esame di maturità. Il rapporto tra docente e discente ancora alquanto gerarchizzato, anche se l’autorevolezza dell’insegnante si esprimeva sulla base della sua preparazione e capacità didattica.

Altro tonfo al cuore, quando, a fine anno scolastico, uscivano i “quadri” appesi al muro lungo il corridoio: promosso, rimandato, bocciato. E, se bocciato, diventavi “ripetente”, una qualifica poco onorevole e sgradita.

Quasi, quasi suscitava avversione (anzi l’avremmo strangolata) la docente malevola che, il giorno dell’interrogazione, guardando di sottecchi l’elenco degli alunni presenti, ripeteva: Oggi, venga, venga, venga …

Amarcord, ad un esame di maturità, la severa Commissione fece una strage, in maggioranza bocciati. Alcuni vennero, l’autunno dopo, nella mia classe a capo chino. Si frequentavano due corsi identici. Unica variante la lingua straniera: francese oppure inglese. I “liceali” dell’intera provincia di Terni, si contavano con i numeri piccoli, alcuni venivano da Narni, da Orte, da Rieti. Il lato positivo: ci conoscevamo tutti, il cameratismo sentimento diffuso.

Vigeva ancora la goliardica “Festa della matricola” e la “stampa scolastica” che mi ha avviato al giornalismo. Due momenti preziosi di solidarietà e ideazione. Un soggetto importante nell’organigramma didattico era Pascarella, il vecchio bidello che aveva visto passare generazioni di buoni alunni e ottimi “maestri”. La sua specialità, l’ordine e la disciplina, che riusciva ad assicurare con rigore bonario. Altro personaggio noto Spiculino, venditore di libri usati. Li pagava poco e li rivendeva con buon margine. Da qui il nomignolo di Spiculino, nel senso di speculatore.

Ho trascorso cinque anni di liceo sempre sullo stesso banco a due posti, in prima fila, e il medesimo compagno accanto. Fraternamente. Non pochi ci siamo ritrovati all’Università e in viaggio col treno Terni – Roma, in terza classe, con i sedili di legno. Per anni poi, in tempo di età adulta, i “sentimenti scolastici” li abbiamo perpetuati in gioiosi incontri conviviali, cadenza semestrale, la “scafata” a maggio e la “castagnata” a novembre. Ogni impedimento rimosso. Perché, l’amicizia nata sui banchi di scuola è come il primo amore: Non si scorda mai!

Pensiero malaccorto

Pensate un po’ quante sono le incongruenze della storia! Nel corso della mia lontana gioventù pennacchiuta, gli eroici difensori del suolo italico, ricevevano encomi e medaglie; oggi finiscono a giudizio ed alla gogna mediatica. Il Tribunale di Palermo docet. Questi i fatti. Era l’agosto del 2019, un’alba umida e assolata. In quel di Lampedusa, una nave “nemica”, identificata poi come Open Arms, che aveva salvato dal mare 147 migranti, molti dei quali minori, si stava avvicinando “minacciosamente” ai venerabili confini della nostra Patria. Anche a disgusto del dovere di soccorso, dell’essere umano, della richiesta di aiuto.

Un Signor Ministro prese tutto il suo coraggio e ammantatosi del tricolore, fermò l’ ”aggressore” nei pressi del bagnasciuga, (il suo sodale non c’era riuscito nel 1943), evitando la “pericolosa incursione”, appena prima dell’attacco. Pardon, dell’attracco. D’altro canto, è dovere costituzionale d’ogni bravo cittadino italiano proteggere dall’invasore, l’anzidetto “suolo patrio” sino all’estremo sacrifizio. Vedi, per esempio, il film di Alberto Sordi, Il Marchese del Grillo.

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