A cinque anni dal sisma che ha sconvolto anche la Valnerina il Corriere dell’Umbria dedica un servizio alla prima famiglia che a Cascia è rientrata nella propria casa dopo tanto tempo di disagi e paure.
Si commuove Franco. Trattiene l’emozione fino a quando non ricorda le ruspe che hanno demolito la sua abitazione, completamente inagibili dopo i gravi danni strutturali provocati dalla scossa della domenica mattina del 30 ottobre. Era l’inizio della ricostruzione ma per Franco Paoloni è stata una delle tante fitte al cuore in questi anni da terremotato.
“Dopo cinque anni siamo tornati a casa il 18 agosto – dice Franco – la prima sera abbiamo festeggiato e per la prima volta dopo tanto tempo sono tornato a dormire la notte”. Viale Cavour a Cascia è un cantiere: il sindaco Mario De Carolis fa la conta delle gru, qualcosa si muove: “Siamo sulla strada giusta, certo sarebbe stato meglio essere partiti così da subito ma se non ci fosse stato il Covid che ha rallentato tutto, sarei soddisfatto”, commenta sotto il porticato della nuova abitazione di Franco. La famiglia Paoloni, una delle migliaia costrette fuori casa dal 24 agosto ma soprattutto dall’ottobre 2016, è stata tra le prime a presentare la domanda di contributo e ora è la prima a entrare nella propria casa.
“Avremmo potuto entrare a Natale 2020 ma la pandemia ci ha fatto slittare i piani di altri mesi” ricorda Paoloni. Ma ormai, davvero, il peggio è alle spalle, per una delle pochissime famiglie tornate a casa (1.600 su 11 mila edifici lesionati). “La scossa del 30 ottobre ci ha definitivamente cacciato di casa – ricorda Franco, da sempre impegnato nel settore dei trasporti e del movimento terra – l’avevo costruita con mio padre nel 1973 ed è passata indenne per le scosse del 1978 e del 1997 ma stavolta no. Non volevamo però lasciare la casa: soprattutto il gatto e un cane San Bernardo per noi come di famiglia. E così con mia moglie fino al primo Natale ci siamo sistemati in un container che tenevo vicino alla mia proprietà come magazzino. Non avevamo neppure un bagno ma ci siamo adeguati tra tanti disagi. Poi un amico ci ha offerto una mansarda poco lontano e ci siamo trasferiti”.
Intanto i mesi passano, come gli inverni rigidi della Valnerina. I governi e i commissari sembrano parlare un’altra lingua, la gente temprata dal vento dei Sibillini ha tenuto duro ma molti se ne sono andati, i più giovani, altri sono morti, i più vecchi. La burocrazia, che ancora oggi stoppa e rallenta centinaia di richieste di contributo, è il nuovo mostro dopo il terremoto. “A marzo 2018 ci è stata consegnata una casetta, non ci sembrava vero di avere un’abitazione vera e propria. Intanto ci siamo subito affidati allo studio Luigi Altieri per presentare la pratica di ricostruzione – prosegue Franco – la scossa aveva lesionato quattro pilastri del lato sud a tal punto che i ferri all’interno erano usciti fuori. L’avevamo ristrutturato un anno e mezzo prima”, ricorda con amarezza. “Il ritorno delle famiglie nelle loro case – sottolinea oggi il sindaco De Carolis – è un segnale di speranza e fiducia per le nostre comunità che stanno rifiorendo anche grazie ai tanti turisti di questa estate”.