Di Ciuenlai – La vicenda Gesenu, che ha scosso il Pd umbro, si inquadra nella mai risolta “questione morale” che investe questo partito a livello nazionale.
Circola una battuta che da l'idea del problema : “gli indagati, coinvolti, collusi, processati e condannati del Pd sono come certi rotoloni; non finiscono mai” (solo in questi ultimi tre giorni è stato arrestato l'ex vicesindaco dell'Aquila Riga, indagato il Governatore della Campania De Luca per concussione e citato, nelle carte del caso Saguto, il sottosegretario Faraone).
La tecnica propagandistica con la quale i democratici hanno affrontato questa questioni, a cominciare da Mafia Capitale, è stata la stessa : dare l'idea di affari personali nei quali il Pd non ha nessuna responsabilità, anzi si muove per estirpare il male (che invece continua a dilatarsi su tutta la penisola). La stessa cosa stava per succedere da noi. Le vicende aziendali della Gesenu e di alcune affiliate sono state relegate a fatti dei privati e dei manager che le gestiscono. Come se le istituzioni, che sono azionisti delle stesse, che nominano i loro rappresentanti nei c.d.a. e nei posti di responsabilità, non esistessero e non avessero alcun ruolo.
Ma qui non è andata esattamente così. Il Sottosegretario agli Interni Giampiero Bocci si è lamentato dei “troppi silenzi” e ha chiesto di affrontare la questione di petto “investendo in legalità”. E da qui è nato lo scontro con l'ex “figliol prodigo”, il segretario Regionale del suo partito Giacomo Leonelli. Al di là della Gesenu, “che è un crostino – dice un autorevole membro della direzione del Pd – da non sottovalutare”, la vicenda mette a nudo la situazione di scontro, che esiste attualmente nel partito di maggioranza relativa e che è destinata a peggiorare. Tutto nasce dai successi di Bocci alle regionali e alle sue successive mosse. L'ingresso di Cernicchi tra le sue file e la pace con Guasticchi hanno definitivamente tolto la polvere all'immagine di un personaggio influente si, ma relegato, come peso specifico, alla sola “Umbria sud”. Il suo”pesante” ingresso a Perugia e la sua presenza cospicua in tutte le zone della Regione, hanno messo “le pulci nell'orecchio” di tutti gli altri, ai quali non è rimasto che coalizzarsi per frenare e, possibilmente contrastare, questa lenta ma inarrestabile avanzata.
Quella sulla Gesenu non è quindi che la punta di un “iceberg” di uno scontro che , man mano che si avvicinano le scadenze elettorali, tenderà inevitabilmente a crescere. Per il momento questo non comporterà nessun contraccolpo istituzionale né in Regione, né nei principali comuni amministrati dal Centrosinistra. L'attacco diretto è alla gestione del partito dove “non si faranno sconti”. Leonelli è avvisato!
Bocci e compagnia sono “animali da primarie e da preferenze”, con la parte più importante del loro consenso localizzata nella famosa “società civile”. I loro avversari pensano quindi che ritrasferire le decisioni all'interno del Pd, sia la principale arma da usare per disinnescare “l'uomo di Cerreto”. Il primo campo di battaglia attrezzato è il capoluogo, dove è in corso un diffuso lavorio per marginalizzare le truppe del Sottosegretario.
L'obbiettivo del sodalizio Giacopetti, Locchi, Leonelli è quello di blindare la maggioranza dei circoli e delle sezioni in funzione “anticernicchi”, favorendo una decisione “fatta in casa” nella scelta del prossimo candidato a sindaco di Perugia (Adesso si parla del Consigliere Regionale Attilio Solinas, quando sparirà, sarà la volta di un renziano doc, che non è detto possa essere lo stesso segretario regionale).
Alcuni osservatori fanno però notare che per adottare una soluzione interna “bisogna avere un partito”. E il Pd, soprattutto nel capoluogo, “c'è solo sulla carta”. “Nella maggioranza dei circoli – rivela una “gola profonda” che conosce i numeri dell'organizzazione – è ridotta a pochissimi decine di iscritti (in alcuni casi basterebbero le dita di una mano) e a zero militanti. Le sedi sono quasi sempre chiuse e in giro non si percepisce uno straccio di attività degna di questo nome”. Affidare le decisioni ad una conta degli affiliati, o peggio ad un'alzata di mano dei cosiddetti organismi, più digerenti che dirigenti , può essere letale.
Un partito sparito dalla circolazione dopo la sconfitta di Boccali, incapace di fare una seria autocritica sulle sue ultime gestioni del Comune, presupposto indispensabile per riattivare un rapporto diretto con la città, risulterebbe scarsamente credibile. Stavolta le primarie servirebbero “come il pane”. Intanto un certo Romizi se la ride, avendone tutte le ragioni.