Di Adriano Marinensi – Trattando di recente su queste colonne l’argomento dei alcune stragi operate dai nazisti, in Italia, nel periodo dell’occupazione (1943 – 45), è comparsa l’incredibile notizia della enorme mole di documenti accusatori sottratti al giudizio dei tribunali e della storia.
Chi lo ha chiamato “armadio della vergogna”, aveva pienamente ragione, perché c’era proprio da vergognarsi per quell’occultamento.
Lo hanno tenuto celato addirittura nella sede di un organo di giustizia militare, a Roma, in una via intitolata, per pura coincidenza, Via degli Acquasparta, dentro un palazzo che porta il nome della famiglia Cesi. Ma, questo è solo l’aspetto folcloristico della sporca faccenda. Dentro l’armadio che, per il colmo dell’assurdo, aveva le ante girate verso il muro, c’era una sorta di “tesoro giudiziario” e cioè 695 fascicoli, contenenti 2974 aperture di istruttoria a carico di criminali tedeschi e fascisti. Una mostruosità ed un oltraggio ai martiri di tanto orrore.
A ritrovarlo incidentalmente è stato il Procuratore militare Antonino Intelisano che stava cercando prove a carico di Eric Priebke, processato per l’eccidio delle Fosse Ardeatine (24 marzo 1944). Il nome glielo ha dato poi il giornalista dell’Espresso Franco Giustolisi, autore di alcuni articoli – inchiesta che rivelarono esistenza e contenuto. Si aprì una riflessione doverosa sull’intricato mistero e sulle ragioni della “archiviazione provvisoria”, diventata pressoché definitiva di tutto quel materiale accusatorio. Era di sicuro un fantasma scomodo per un Paese, la Germania occidentale, durante la guerra fredda USA – URSS diventata, in Europa, baluardo contro le mire espansionistiche dell’egemonia sovietica.
Infatti, il nemico di un tempo, la Germania appunto, era diventato l’alleato prezioso delle potenze occidentali e il Paese amico, l’Unione sovietica s’era trasformato in temibile avversario. La Commissione parlamentare d’inchiesta, istituita nel 2003, lavorò su tre ipotesi; 1) la “pista atlantica” sopraccennata e legata al contrasto ideologico tra America e Russia; 2) la “pista jugoslava” consistente nel coprire le violenze dei soldati italiani in Albania e Grecia; 3) la “pista dei servizi segreti” e cioè il legame tra le impunità per gli accusati e la presenza di ex nazisti e fascisti nei servizi occidentali.
Apparve comunque evidente che una sorta di ragion di Stato, inserita in un contesto di opportunità politica internazionale, aveva negato l’azione penale per gravissimi crimini di guerra e sottratto alla giusta punizione uomini responsabili di enormi atrocità. Quindi, una azione gravissima in un Paese democratico, compiuta proprio quando si stava operando per ridare piena dignità allo Stato di diritto. In Italia, dove la legge, dopo la parentesi fascista, era tornata ad essere uguale per tutti, ci fu chi si assunse la responsabilità di tradire il principio fondamentale dell’ etica giudiziaria.
Lo scorso 16 febbraio, la Presidente Laura Boldrini ha autorizzato la pubblicazione on line delle 13.000 pagine che raccontano una parte tragica della storia d’Italia. Ha detto la Presidente; “Da oggi, sul sito dell’Archivio storico della Camera dei Deputati, sono visibili i documenti relativi ai 695 fascicoli del cosiddetto armadio della vergogna”. Ora, perciò, quelle “pagine ingiallite” dal tanto tempo trascorso nell’anonimato, sono state svelate all’opinione pubblica, per un risarcimento d’onore. “Ci parlano – ha sottolineato l’on. Boldrini – di stragi come Sant’Anna di Stazzema, Fosse Ardeatine, Marzabotto e degli eccidi dell’Alto Reno”. Si tratta di un atto di elevato decoro politico e civile che non può certo colmare il vuoto di giustizia provocato da quelle ante vergognosamente girate verso il muro, proprio in una sede che avrebbe dovuto essere il tempio della legalità. L’armadio ora è aperto, però gli scheletri non possono essere rimossi.