Di Adriano Marinensi – Nel celebrare ogni anno il giorno della memoria, in modo che duri un anno intero, occorrerà dire, soprattutto ai giovani inclini a pensieri nostalgici, che l’Italia fascista dalla storia è stata accusata di correità nel massacro degli ebrei e non solo di essi. L’Italia fascista fu complice per aver emanato leggi razziali e collaborato alla deportazione. Leggi razziali, copiate dalla alleata Germania e codificate con la firma di Benito Mussolini e del re Sabaudo.
Avvenne nel 1938, quando ancora non s’era parlato di guerra.
Il Duce pensò gli potesse tornare utile adeguare la legislazione fascista a quella nazista. Lo fece con una mobilitazione patriottarda messa in campo dal Minculpop, per esaltare l’orgoglio italico e far passare il concetto di superiorità della razza ariana su ogni altra. Soprattutto su quella israeliana. Il 1938 fu un anno strano. Se fosse “bisesto” (bisestile) non so; per gli ebrei italiani, sicuramente “molesto”. Una legislazione ignominiosa, di punto in bianco (Regio Decreto 17 novembre 1938, n.1728), ne cancellò l’esistenza. Dal 1938 in poi, gli ebrei nati in Italia non furono nati e quelli morti neppure morti. Spariti, evaporati. Vietate le iscrizioni anagrafiche, proibiti persino i necrologi. Cacciati da tutte le istituzioni pubbliche e osteggiati apertamente nell’esercizio delle private. Tra quelle leggi una ce n’è che tratta addirittura della “disciplina dei cognomi, nei confronti degli appartenenti alla razza ebraica”. Impone, tra l’altro, a chi abbia “mutato il proprio cognome con un altro che non riveli l’origine ebraica, a riprendersi il cognome originario”.
Scrisse Galeazzo Ciano nel diario (14 luglio 1938) : “Il Duce mi annuncia la pubblicazione da parte de Il Giornale d’Italia, di uno statement sulle questioni della razza”. Furono in dieci gli intellettuali italiani firmatari del “Manifesto della razza” che fece da apripista alla successiva “dichiarazione” ufficiale del P.N.F. Venne quindi emanata una legislazione che dettava norme rigorose contro gli ebrei. “I cittadini di razza ebraica non possono” e giù una sfilza di diritti negati che manco nei tempi più bui del periodo schiavista. Molti degli uomini di cultura, cacciati dalle Università, dalle scuole, dagli uffici della P.A. emigrarono in America. Dovette dimettersi dall’Accademia dei Lincei anche Albert Einstein. Alcuni vennero accolti in Vaticano da Pio XI. Disse il Pontefice, di fronte alla canagliata mussoliniana : “Mi vergogno di essere italiano; non come Papa, mi vergogno, ma come italiano. Mi preme il Concordato, ma ancora di più mi preme la coscienza”.
Sul manifesto che fissa le basi del razzismo fascista, “si intende additare agli italiani un modello fisico e psicologico di razza umana che si stacca completamente dalle altre extraeuropee”. Quindi, “i caratteri degli italiani non debbono essere alterati in nessun modo”. Siamo alla proclamazione di superiorità degli ariani e alla ghettizzazione degli ebrei, banditi, radiati e vilipesi a norma di legge. Proprio la ghettizzazione ci chiama in causa per l’episodio nefando avvenuto a Roma il 16 ottobre 1943. In un colpo solo e con la connivenza delle autorità fasciste, i nazisti deportarono ad Auschwitz, 1024 ebrei, compresi 200 bambini. Alla fine della guerra, torneranno in 16, 15 uomini e una donna; bambini nessuno. Fu un sabato nero per il ghetto romano. All’alba, centinaia di nazisti svuotarono le abitazioni intorno al Portico di Ottavia. Due giorni dopo, dalla Stazione Tiburtina partirono verso il campo di sterminio, 18 vagoni riempiti oltre il possibile, poi chiusi e piombati. Un migliaio di innocenti intrapresero un viaggio orribile durato 5 giorni, in condizioni disumane, migliori comunque dell’inferno nel quale andarono a morire.
I nazisti, nel loro codice discriminatorio, agli ebrei aggiunsero i rom, i nomadi, i disabili fisici e mentali, gli omosessuali. E cominciarono presto a progettare la “soluzione finale”. Alla base del loro scellerato disegno criminoso, ci sono le “leggi di Norimberga”. Era la città dove si teneva, ogni anno, il Congresso del partito di Adolf Hitler. In quello del 1935, furono impostate due leggi : 1) “sulla cittadinanza del Reich” (gli ebrei non erano più considerati cittadini tedeschi); 2) “per la protezione del sangue e dell’onore tedesco” (proibiva i matrimoni e le convivenze con gli ebrei).L’annuncio ufficiale della “soluzione finale” venne fatto alla Conferenza di Wannsee, all’inizio del 1942. I maggiori gerarchi nazisti presero la decisione (così sta scritto in un documento ritrovato anni dopo) “dello “sterminio totale degli 11 milioni di ebrei presenti in Europa”. Però non più con le fucilazioni di massa che creavano problemi di stress ai soldati nell’uccidere pure donne e bambini. Qualcuno propose i lavori forzati, cosicché “una gran parte verrà a mancare per decremento naturale”. Si pensò così, però non si fece così. Di cosa parlaste a Wannsee, chiesero a Eichmann, durante il processo di Gerusalemme (1961). Rispose : “Si parlò di uccisioni, di eliminazione, di sterminio”. Si parlò così e si fece così. Sperimentando dapprima il sistema delle camere a gas mobili, montare su camion, quindi, con una programmazione scientifica, l’allestimento delle camere a gas fisse nei campi di Belzec e Treblinka, ove furono assassinate un milione e mezzo di persone. Il centro dell’olocausto meglio attrezzato, lo organizzarono ad Auschwitz – Birkenau, sempre in Polonia, con 4 camere a gas e punte di 6000 uccisi al giorno. Quasi tutti passati poi attraverso i camini dei forni crematori, dove i morti li facevano trasportare da altri prigionieri destinati alla stessa sorte.
Di tali atti criminosi si rese complice il fascismo, nel corso di una guerra durante la quale decine di milioni tra soldati e cittadini inermi furono cancellati dalla faccia della terra, intere città distrutte, immense ricchezze dilapidate in ordigni bellici, mezzo mondo travolto dall’odio a mano armata. Ecco allora che, insieme alle incommensurabili colpe dei nazifascisti – nel giorno della memoria esteso all’anno intero – ai giovani dobbiamo raccontare la grande offesa che l’uomo, trasformato nel più feroce animale, compie a danno di suoi simili, travolto dalla follia della guerra, di ogni guerra. Comprese quelle che ancora oggi si combattono in tante parti del mondo, per lo più nel silenzio e nell’omertà dei Paesi intenti a difendere il proprio benessere.