Saranno utilizzati i giacimenti esauriti di gas dell’Adriatico
di AMAR
Nel famigerato processo di riscaldamento globale del Pianeta, uno dei principali accusati è l’eccesso di anidride carbonica (C02) presente in atmosfera. che altera le naturali condizioni climatiche. Si tratta quindi di un nemico da combattere, tenendo anche d’occhio le attività umane che lo producono. Da tale constatazione è scaturita l’idea di catturare e imprigionare la pericolosa latitante: la C02, appunto.
A tradurre l’idea in progetto ci stanno provando l’ENI e la SNAM. Si tratta di trasformare i giacimenti di gas esauriti del mare Adriatico in depositi di anidride permanenti. Nelle profondità marine – i tecnici sostengono – ci sia spazio per stoccarne fino a 4 milioni di tonnellate. Un disegno ardito, però scientificamente praticabile. E interessante dal punto di vista della sostenibilità.
Fondamentale è la credibilità dell’impresa e per questo si sta cercando l’adesione del mondo produttivo, che di C02 ne immette in notevole quantità. Perciò – si legge nel sito di Ravenna CCS Hub (CCS sta per Carbon Capture and Storage) – è stata avviata “una raccolta di manifestazioni di interesse” per conoscere “il parere del mercato”.
Sostengono ancora i tecnici ENI e Snam: “Il progetto prevede che l’anidride venga prelevata direttamente dai camini industriali”, per poi “essere iniettata nei giacimenti esauriti e riconvertiti a centri di conservazione perpetua (…) ad oltre 2.500 metri sotto il fondale marino”. Dunque, cattura e stoccaggio saranno le operazioni per dare attuazione ad un disegno d’avanguardia.
E dare un contributo per arrivare in fondo al percorso che prevede emissioni zero. Oltre al ripristino dello stato di salute dell’ambiente di vita, in molte zone della Terra, ridotto in condizioni di attentato alla salute. Non solo alla salute dell’uomo, ma anche degli animali, della vegetazione e persino del patrimonio storico, monumentale e urbano. Quindi, a danno d’ogni specie presente e vivente.
Il misterioso “suicidio” di massa
L’aereo – un Boeing 777 della Malaisya Aerlines, partito da Kuala Lumpur, capitale della Malesia, e diretto a Pechino, stava passando sopra l’Oceano indiano. Ai comandi un pilota di lungo corso, titolare di oltre 18.000 ore di volo. Era la notte tra il 7 e l’8 marzo 2014, cioè esattamente dieci anni e alcuni mesi orsono. Nessun problema segnalato ai centri di controllo, salvo che, all’improvviso, l’aereo sparisce dai radar che lo seguivano.
Vani i tentativi immediati di ripristinare i collegamenti strumentali e altrettanto inutili le ricerche successive per chiarire le cause della scomparsa. Sprofondato nel nulla. In quel nulla, c’era la vita di 219 persone ch’erano a bordo e le richieste di verità dei loro familiari. Oltre agli indennizzi da pagare (pare circa 3 miliardi di dollari). Tutto finito dietro le quinte di una volontà che non ha inteso chiarire la nebbia intorno al disastro.
Esiste soltanto una ipotesi, recentemente sostenuta attraverso studi e ricerche, da un ingegnere spaziale che ha ritenuto di scolorire il giallo in questo modo: L’aereo è finito in fondo all’Oceano Indiano per volontà suicida (e, di fatto, pluriomicida) del pilota.Quindi, un atto autolesivo del comandante lo avrebbe fatto inabissare, provocando il grande disastro dell’aviazione civile. Poi, per ragioni di natura economica, la vicenda è stata insabbiata.
Non è raro infatti che, in aeronautica civile, per evitare o procrastinare esosi risarcimenti, si costruiscano arcani i quali in verità proprio arcani non sono. Capita che qualcosa si sappia e poco invece si deve sapere. Così, per dieci lunghi anni, quello del Boeing 777 finito in mare in luogo sconosciuto, è diventato un volo fantasma.
Pensiero recondito
C’è un problema che, da antico tempo, cerca una equa soluzione: È il rapporto tra cultura laica, fede religiosa e pluralismo sociale. Appare come una sorta di “piramide” che, in un Paese, l’Italia, di forti tradizioni cristiane, potrebbe avere al suo “vertice” la religione. Dando a Cesare ciò che gli appartiene e a Dio ciò che è di Dio, ogni dicotomia sembra essere semplicisticamente definita. La confessione religiosa e la concezione laica, il trascendente e l’immanente ricomposti, per di più con la rimozione di ogni fondamentalismo di parte.
Ma, nell’organizzazione dello Stato democratico ed all’interno delle eterogeneità politiche, nella garanzia dei diritti, delle libertà, la “piramide” perde dimensione e diventa un “triangolo”, figura orizzontale, dove i tre vertici- cultura laica, fede religiosa, pluralismo sociale – cercano uguale dignità. Così si pone la questione del rapporto. Un rapporto che impegna la vita quotidiana e si riflette nella storia, che dà una complessa impronta agli eventi e, a volte, cerca una difficile composizione.
Pensiero malinconico
La parte di popolo italiana che, di elezione in elezione, esprime simpatia per la destra politica, mi comincia a preoccupare. Mi sono posto una domanda: Chi cono quei tanti cittadini che hanno rivolto entusiasmo, con il voto, per le teorie socio-culturali (?) del generale Vannacci e del suo mondo all’incontrario?Chi sono? Un generale, per di più, candidato nelle liste del “comandante” Salvini, il quale, con il suo vociare, sta tentando di accreditarsi nella parte più severa della destra autoritaria e sovranista.
C’è dunque, in Italia, una rilevante parte di popolo sovrano che fa mostra d’essere disposto a cedere il suo potere democratico a chi gli garantisce ordine e disciplina? L’Italia, per venti anni, è stata “guidata” da uomini in perpetua uniforme, costrittori del popolo in un gregge. Sarebbe quantomeno “sconveniente” che le nostalgie riprendessero ampio spazio nelle Istituzioni di questo Paese, ancora oggi, rispettoso dei valori della libertà, del pluralismo, del pensiero multiplo.